Oggi esce il seguito di Fight Club. Sono passati 20 anni da quando un quasi sconosciuto Chuck Palahniuk pubblicò il suo libro. Dovette attendere 3 anni e l’adattamento cinematografico di David Fincher per vederlo diventare un tassello fondamentale della cultura contemporanea.

“Compri mobili. Dici a te stesso, questo è il divano della mia vita. Compri il divano, poi per un paio d’anni sei soddisfatto al pensiero che, dovesse andare tutto storto, almeno hai risolto il problema divano. Poi il giusto servizio di piatti. Poi il letto perfetto. Le tende. Il tappeto. Poi sei intrappolato nel tuo bel nido e le cose che una volta possedevi, ora possiedono te”

Ve lo ricordate, no?

Fight Club è una critica al capitalismo, lucida e spietata, forse un po’ semplicistica. Ma per il tempo necessario alla lettura di qualche centinaio di pagine – o circa tre ore di ottima visione – ha scosso il nostro senso di ribellione alle regole assurde ed etero-imposte della società. Da neo ventenni quali eravamo, abbiamo appurato senza dubbio che il mondo voleva intrappolarci nella medietà ed abbiamo sentito il bisogno di ritornare all’istinto (no, all’esplosione non abbiamo pensato sul serio).

Palahniuk ha sostenuto più volte che Fight Club è stato frainteso dal pubblico e ha sviluppato una sorta di ritrosia nei confronti della sua opera più famosa che non gli ha impedito, però, di creare un seguito. Fight Club 2 è una graphic novel, scritta da Palahniuk e disegnata da Cameron Stewart. In America è stato pubblicato in 10 albi, in Italia esce in un unico volume,  edito da Bao.

È ambientato a 9 anni di distanza dalla fine del romanzo e le cose sono molto diverse da come le avevamo lasciate: adesso si fa chiamare Sebastian, è un impiegato, sposato con Marla, che gli ha dato un figlio. Tutto tranquillo e inquadrato, finché Tyler Durden non decide di rifarsi vivo.

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