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Re Granchio, leggenda onirica

Luciano gira per le campagne, vestito male, vestito pesante. Luciano passa un sacco di tempo all’osteria con i vecchi del paese. A suo padre, il rispettato medico del paese che lo va a prendere dopo l’ennesima sbronza, dirà che si sente vuoto. Ma dirà pure Me so’ ‘nnamorato, Brù.
All’osteria e nelle campagne ha gli occhi sgranati, il vino in corpo, l’idea della libertà, la voglia di non essere nessuno in un mondo di qualcuno. Questo qualcuno, il principe del paese, vessa gli abitanti, povera gente, perché tutto gli appartiene. Pure Emma gli appartiene. Siamo nella Tuscia nell’Italia del Re e Luciano, interpretato dall’artista Gabriele Silli, si ribellerà, ma dovrà pagare con l’esilio.


Questa pellicola, che è stata presentata al Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes 2021, perciò, è divisa in due. La seconda parte è ambientata nella Terra del fuoco, zona del mondo dove i registi, Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis avevano già girato in passato. Quest’opera, che segna il loro esordio, si vede un Western di mare violento, desolato e onirico come la leggenda stessa che Luciano immedesima. L’esordio dei due registi parte con un introduzione assolutamente contemporanea, dato che la storia di Luciano è soprattuto leggenda popolare, che nella trama della sua storia le generazioni che la tramandano oralmente trapassano con l’ordito che, talvolta aggiunge, talvolta toglie. 

Esteticamente è un piccolo gioiello, costellato di citazioni pittoriche, silenzi, paesaggi naturali talvolta forti, come quelli presenti nella seconda parte.

Re granchio è Luciano che non è: perché la sua storia è essa stessa leggenda, è un pensiero che vive nei pensieri. Ci si può perdere perciò, e si può perdere anche la volontà di trovarsi. 

Disponibile ora su MUBI.

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