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Social Media The Daily: new times demand new journalism.
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New times demand new journalism

Così, Rupert Murdoch, il 2 febbraio, ha introdotto The Daily: l’ambizioso progetto editoriale che ha l’intenzione di combinare le cose buone del giornalismo tradizionale con il meglio della tecnologia disponibile oggi.

Il risultato di questa combinazione, immaginato dalla News Corp, è facile da sfogliare come un carosello (come coverflow di Apple) da cui selezionare una tra le Top Stories del giorno. Impaginato come un magazine,  è un quotidiano  le cui notizie sono accompagnate da immagini in alta risoluzione, panoramiche a 360°,  video e grafiche interattive.
La rivoluzione del giornalismo, secondo Murdoch, passa per lo schermo multitouch del tablet più diffuso del mondo, l’iPad di Apple.  E’ disponibile quindi solo in via digitale e, non avendo costi di stampa e distribuzione, costa soltanto 14 centesimi al giorno, circa 1 dollaro a settimana. E’ disponibile anche un abbonamento annuale a 39,99 dollari.

Il contesto.

The Daily, citando lo stesso Murdoch, è un esperimento.
Io, lo definirei una sfida.
Sino ad ora, i molti editori (quelli italiani ne sono – purtroppo – un validissimo esempio) sbarcati su App Store hanno proposto le proprie pubblicazioni su iPad, illuminati soltanto dal nuovo medium, commettendo numerosi errori. E parliamo di giornali che vanno dal WSJ al Newsweek, passando per Le Figaro.
Per prima cosa non hanno reinventato né costruito nulla. Si sono lasciati affascinare dal dispositivo più sexy degli ultimi anni ed hanno riproposto – nella maggioranza dei casi – la versione stampata, sfruttando il tablet come semplice mezzo di fruizione. Insomma, hanno proposto il PDF della versione stampata del giornale: niente di sexy.
Hanno, così facendo, ignorato delle caratteristiche -astratte- più interessanti della rete. Niente notizie in tempo reale e niente social networking. Niente link negli articoli, niente social sharing e nessuna volontà di creare community attorno ai lettori.
Hanno usato business model grossolani, comportandosi spesso da venditori di file da centinaia di Megabyte.

Punti di forza.

The Daily, invece, è stato creato da zero per l’iPad: ogni giorno nasce e muore digitalmente, senza compromessi.
Questa premessa pone in essere i suoi vantaggi.
È economico, non essendoci costi di stampa, distribuzione e porting in digitale.
È creato attorno al dispositivo e per prima cosa offre un sistema di abbonamento molto semplice, nato in collaborazione con la Apple stessa, che lo renderà disponibile in futuro per tutti gli altri developers.
Il tipo e lo stile degli articoli (che vengono aggiornati durante il corso del giorno) sono plasmati sull’utenza, proponendo lunghi articoli di inchiesta accanto ad articoli leggeri, perfetti per la poltrona una volta rientrati a casa. Ricordate Steve Jobs che presenta l’iPad seduto sulla sua Le Corbusier?
Affianco alle Stories ottimi contenuti multimediali, che sono perfetti per i 10 pollici del tablet più venduto al mondo.
Posso quindi affermare che il The Daily è la prova (come lo è Wired Us) di come si fa buona editoria digitale.

Qualche critica.

No links, no party.

Come molti altri digital magazine, il favoloso mondo dell’ipertesto viene ignorato: niente link negli articoli per approfondire la storia e per completarla con le informazioni presenti in rete. E’ una prassi consolidata per molti editori e per me non può essere ignorata. Ma non-stranamente rientra in una precisa strategia di business e, nel caso specifico del The Daily in una propria filosofia di pensiero.

Non è Flipboard.

Molte critiche sono state fatte a questo magazine (e, di conseguenza, a tutti gli altri che adottano la stessa precisa strategia) per quanto riguarda lo sharing degli articoli fra lettori dello stesso giornale, sul fatto – quindi – che la popolarità delle Stories non viene in alcun modo influenzata da cosa ne pensano i propri follower/amici. E, salendo ad un livello più ampio, che le stesse Stories non provengano dalla rete, dietro condivisione degli altri utenti.
Insomma, la critica principale al The Daily è quella di non essere Flipboard. Il che è banale, visto che hanno scopi diversi e partono da premesse molto differenti: il primo è un giornale vero e proprio, l’altro è un aggregatore.

Part of reading magazines and newspapers is personal discovery not being led by popularity.

The Daily, quindi, nasce come un giornale vero e proprio, con una redazione, uno stile, un modello di vendita ed uno scopo preciso. Chi non è d’accordo, non deve acquistarlo, semplice.

Vincerà la sfida?

Le direttive seguendo le quali News Corp ha concepito il magazine sono molto precise e questo sembra il modo migliore di affrontare la sfida. Non che questo basti, così come non bastano i 30 milioni di dollari investiti, a fare del giornale un successo.
Perché accanto a tanta forza (economica e di idee) dimostrata da Murdoch c’è pur sempre un mercato dell’editoria digitale non eccezionale, ed è questo ossimoro il motivo per il quale lo definisco una sfida.
Un concept identico di magazine non c’è ancora e per questo aspetteremo le statistiche di vendita ufficiali per trarre ulteriori conclusioni.

Che sia un reale game changer?

Io lo spero. E il pensiero non può che andare all’Italia, dove l’iPad (e di conseguenza l’intero universo dei tablet) è visto soltanto come il nuovo medium, su cui “ci si deve essere”. A conferma di questo i numeri sull’editoria digitale italiana, seguendo il trend generale, sono piuttosto deludenti, confortati soltanto dall’hype della prima uscita.

Ma, aldilà di tutto, sarà stato sempre uno dei precursori di una stampa non-stampata pure digital e potrà servire (come esempio positivo o negativo) da riferimento per il futuro.

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