Vinyl non rientra più nei programmi di HBO. Non ci sarà una seconda stagione a causa della micidiale combinazione tra alti costi di produzione e ascolti scarsi.
Eppure HBO produce serie costosissime come Game of Thrones, ma ha liquidato la faccenda Vinyl con un “non ne valeva più la pena, abbiamo in mente di fare altro“. La causa dell’insuccesso, quindi, va ricercata nel pubblico e nella timida accoglienza che ha riservato alla serie. Questa considerazione fa sorgere spontanea una domanda: perché!?
Partiamo dall’inizio. La serie prodotta da Martin Scorsese e Mick Jagger è stata presentata giusto un anno fa con grande clamore, secondo me meritato: il regista da una parte ed il leader degli Stones dall’altra non potevano che rappresentare una garanzia doppia. La serie è ambientata a NYC negli anni ’70 e racconta sostanzialmente l’ascesa del rock e del punk.
Il protagonista è Richie Finestra, proprietario dell’etichetta discografica American Century Records, interpretato da Bobby Cannavale che gli appassionati di serie tv ricorderanno nel ruolo di Gyp Rosetti in Boardwalk Empire (anche quella serie è prodotta da Scorsese, ma con ben altri risultati di ascolti).
A Cannavale il ruolo dell’italoamericano un po’ scoppiato, violento e spietato in Boardwalk, incostante e irrazionale in Vinyl, gli sta addosso che è una bellezza. Fin qui un eccellente casting.
Conosciamo Richie mentre è alle prese con un problemi finanziari che stanno per portarlo alla cessione della sua etichetta ad un gruppo tedesco. La vendita salta perché Richie decide, in un impeto glorioso, di voler salvare la sua compagnia. Parte quindi una faticosissima risalita fatta di epurazioni, bocciature e ricerca di nuovi talenti.
I programmi ed i soci di Richie sono messi a dura prova dal suo carattere e dal suo stile di vita, droghe, alcol ed instabilità rendono le ore ed i giorni una sorta di viaggio onirico tra i pensieri e le angosce, i drammi e le vittorie del protagonista. Tra i nuovi talenti che Richie decide di mettere sotto contratto ci sono i Nasty Bits di Kip Stevens interpretato da James Jagger, figlio di Mick, che da papà non ha preso proprio tutto ma ha qualcosa che lo rende molto credibile.
Sesso, droga, alcol, New York City e tanto rock!
In Vinyl c’è tutto questo, così come trovano spazio altre storie come quella di Devon, moglie di Richie, un po’ artista e un po’ groupie, che ha detto addio alla vita dissoluta per mettersi a fare la mamma ed ora si sente stritolata dalla vita di provincia, o quella di Lester Grimes, un ex talentuoso cantante di colore che ha dovuto rinunciare alla carriera perché si sono messi in mezzo dei gangsters.
E poi assistiamo a fugaci apparizioni di Andy Warhol, John & Yoko e i Led Zeppelin ed Elvis, e a piacevoli incursioni nello Studio 54 o nei club in cui si scriveva la storia del rock.
E poi c’è la Musica, su tutto.
Ma sembra che questo non sia bastato. La critica ha accolto timidamente la serie, lo stesso ha fatto il pubblico. Dopo un pilot molto bello, girato da Scorsese, gli ascolti sono andati scemando.
Vista in un’ottica più ampia, Vinyl aveva le carte in regola per continuare ad esistere: non sono tanto le vicende dei protagonisti ad essere interessanti, quanto la sua capacità di cogliere lo zeitgeist di un’epoca. Un’epoca di cambiamento, intensa, che ha fortemente condizionato quello che è venuto dopo, non solo la musica. Certo a volte la tentazione a ricorrere agli stereotipi dei rockettari c’è stata, ma non di più che in altre serie, anche molto premiate.
Just when I think @HBO might be cool again, idiots cancel #Vinyl. @vinylHBO was "great," not "good."
— Levi McConnell (@levimcconnell) July 31, 2016
Che Vinyl sia un prodotto di qualità se non eccelsa, quantomeno alta, credo sia fuori discussione (la sigla è fresca di nomina agli Emmy di quest’anno nella categoria Main Title Design) e di sicuro non è mancata la promozione. Cos’è andato storto?
Potremmo pensare che gli anni ’70 hanno esaurito il loro fascino o che basta guardare la classifica degli album più venduti lo scorso anno per ammirare un desolante panorama in cui, tra lo spietato pop di Taylor Swift e Adele, il rap/soul e qualche timida incursione country, si percepisce distintamente che il rock è morto.
Gli spettatori che contano, quelli che fanno i grossi numeri, magari non guardano più agli anni settanta come all’epoca d’oro e Vinyl era destinata a piacere molto solo ai nerd del rock.