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Storie Quella volta che ho trovato un dildo nel mio carrello Amazon
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Un giorno come gli altri – siamo in Ottobre 2015 – Pedro, che di lavoro fa il consulente IT in Irlanda, sta navigando su Amazon.de alla ricerca di un libro di testo per un corso d’Arte. Trova il libro, lo ordina e in qualche giorno il pacchetto arriva alla sua porta. Delusione: sul sito era specificato che il libro è dell’edizione corrente, ma Amazon gli ha spedito quella vecchia.

Pedro si mette in contatto con il customer service di Amazon, perché giustamente vuole la nuova l’edizione, quella che ha effettivamente acquistato dal sito. Qualche giorno più tardi, Amazon risponde: non è stato purtroppo possibile trovare la nuova edizione del volume e l’acquirente può scegliere se tenere la vecchia edizione o spedirla indietro ed ottenere un rimborso dell’intera cifra.

A questo punto, Pedro, che non solo ha impiegato giorni per trovare il libro dell’edizione giusta, ma ha atteso altri giorni mentre Amazon rovistava nel suo magazzino alla ricerca del libro giusto che avrebbe dovuto spedirgli, è piuttosto seccato. Non gli si può dare torto. Nel survey post-vendita che Amazon gli propone non può che finirci un feedback negativo. Tutto ok, fine della storia.

E invece no. Secondo quanto il nostro Pedro dice ad Arstechnica, nei giorni successivi, tornando sul sito di Amazon.de, un dildo gigante – specificamente “The Hulk 10.25-inch Huge Dong Black” – era stato aggiunto al suo carrello.

Affrettati, solo 2 disponibili!

Se i miei amici l’avessero fatto mentre non guardavo, sarebbe stato pure divertente

«Il problema» racconta Pedro «è che ero in ufficio, in un open space, pieno di persone accanto a me. Un ragazzo e due ragazze erano seduti proprio dietro di me quando ho aperto Amazon. Hanno visto sicuramente cosa avevo nel carrello.»

Immediatamente un colpevole scala la personale classifica dei sospettati di Pedro: vuoi vedere che qualcuno del customer service di Amazon ce lo ha infilato per vendetta per il feedback negativo ricevuto?

Faglielo vedere, Pedro

La prima reazione è quella di fare uno screenshot ed inviarlo via mail ad Amazon e chiedere cosa ci faccia lì quel coso. Il suo support-ticket rimbalza tra varie persone dello staff, fino a fermarsi ad Andreas Muhlbauer che sulla porta tiene scritto “Executive Customer Relations”. Si scambiano qualche mail e il 22 Ottobre i due si parlano al telefono.

MuhlBauer naturalmente si scusa con Pedro, dimostrandosi molto comprensivo. Gli assicura che parlerà con “chi di dovere nel reparto risorse umane” per assicurarsi che ciò non succeda nuovamente. Come piccolo gesto di scusa, Amazon.de accredita un voucher di €100 all’account di Pedro.

Nella telefonata, dopo che Pedro ha ripetuto quanto imbarazzante sia stata la situazione innescata dal grosso dildo, Muhlbauer aggiunge che è davvero inspiegabile come fosse potuta accadere una cosa del genere, che un membro del team Amazon facesse una sciocchezza del genere. In ogni caso, Muhlbauer non ha potuto parlare direttamente con “la persona coinvolta”. «Perché?» Chiede Pedro. «È stato licenziato o multato?» Niente di tutto ciò, per “questioni interne” non è stato possibile prendersela con nessuno.

Un aspetto affligge ancora Pedro, e potrebbe irritarci tutti. Com’è possibile che un dipendente Amazon abbia messo un dildo gigante nel carrello di un utente? Come si fa ad evitarlo? Sembra invasivo, ma gli operatori del sito hanno accesso ai carrelli e possono inserire o modificare gli oggetti, pensiamo che i diversamente abili, gli anziani o i semplici ansiosi si rivolgono al supporto anche per questo motivo.  È già successo pure alla Comcast un paio d’anni fa: un impiegato modificò il nome di una cliente nel sistema: quest’ultima vide recapitarsi la bolletta intestata a “Super Bitch“. Una settimana prima, sempre in Comcast, ad un cliente fu modificato il nome in “Asshole”.

Ma soprattutto, i survey, non dovrebbero essere anonimi?

Personalmente, non mi farei togliere il sonno. La vita è una tempesta, prenderlo in culo è un lampo. Meglio farci su una risata.

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