Tra qualche decennio, forse saremo chiamati a raccontare cosa mosse e cosa contribuì a dare corpo ad un nuovo movimento femminista – quello che stiamo vivendo oggi. Allora, oltre ai movimenti #MeToo, all’insopportabile faccione di Harvey Weinstein, al saggio We Should Be All Feminists di Chimamanda Ngozi Adichie e all’Islanda che, primo stato illuminato del mondo, impose alle aziende parità di retribuzione tra uomini e donne, potremo saggiamente menzionare il contributo di Margaret Atwood.
Potremo arricchire il nostro commento di un simpatico retroscena, ovvero l’estrema casualità che portò il mondo a scoprire – soprattutto grazie alla Tv e ad un paio di attrici bravissime – l’opera letteraria della scrittrice canadese che aveva ricevuto proposte di sceneggiatura dei suoi romanzi almeno vent’anni prima ma, per una serie di sfortunati eventi non dipendenti dalla sua volontà, il tutto venne fuori solo nel 2017.
Chi ci ascolterà farà forse fatica a capire perché romanzi come Il racconto dell’ancella, scritto nel 1985, o L’altra Grace del 1996, ambientati in un ipotetico futuro prossimo uno ed in un passato ottocentesco l’altro, siano potuti diventare una specie di riferimento per un femminismo 2.0 che ha mosso i suoi primi passi solo negli anni ’10 del nuovo millennio. La TV, potremo aggiungere, è stato tutto merito della TV e del potente messaggio che è in grado di portare.
Che nelle intenzioni della Atwood ci fosse il desiderio di interrogare la società e gli uomini a proposito delle donne e dei loro diritti, è un fatto che possiamo considerare scontato. Che il suo messaggio finisse dentro il piccolo schermo nel momento in cui il mondo occidentale ne aveva più bisogno, è una semplice quanto fortunata coincidenza.
Il racconto dell’ancella è un romanzo dispotico ambientato in un ipotetico futuro: l’ordine sociale e politico è stato sovvertito e gli Stati Uniti sono diventati una teocrazia totalitaria. Le donne sono state completamente sottomesse ed il loro corpo asservito a meri scopi riproduttivi. La stessa Atwood svela di aver avuto come riferimenti del suo lavoro 1984 di Orwell, Il mondo nuovo di Huxley e Fahrenheit 451 di Bradbury. Anche nel suo romanzo i libri sono stati messi al bando e nascono forme clandestine e molto umane di ribellione.
La serie TV tratta dal bestseller ha riscosso un notevole successo, tanto da essere riconosciuta come una delle migliori della scorsa stagione. Ha consacrato l’attrice che interpretava la protagonista de Il racconto dell’ancella, quella Elizabeth Moss che avevamo amato nei panni di Peggy Olson di Mad Men. Anche lì, Moss interpreta un ruolo femminista a modo suo: in un mondo dominato da uomini supponenti e “pazzi”, Peggy passa dall’essere una semplice segretaria a copywriter in una delle Agenzia più importanti del mondo, evolvendosi non senza sofferenze personali, insieme ai tempi ed ai costumi, sensibile ma allo stesso tempo molto decisa.
Anche L’altra Grace, nel suo adattamento per la TV, ha trovato in Sarah Gadon un’attrice bravissima, che è riuscita a dare corpo ad personaggio difficile, disturbante, che quasi intimorisce.
Il romanzo L’altra Grace, basato su una storia vera, racconta la vicenda di Grace Marks, una giovane donna irlandese immigrata in Canada, che faceva la domestica. A soli 16 anni fu accusata – assieme ad un complice – del duplice omicidio del suo datore di lavoro e della sua governante. Dopo 30 anni di carcere e diversi passaggi nei manicomi criminali, Grace ottenne il perdono e fu liberata.
Margaret Atwood nel suo romanzo, immagina che il giovane psichiatra Simon Jordan faccia visita regolarmente a Grace, già incarcerata. Grace racconta in dettaglio la sua breve vita prima degli omicidi. I suoi ricordi finiscono per disegnare un affresco sulla condizione della donna ed in particolare delle donne dei ceti sociali più bassi, a cui spesso anche l’onore e la dignità venivano negati.
Ritornando al nostro futuro racconto, potremo dire che Elisabeth Moss vinse il Golden Glob all’inizio del 2018 ed alla premiazione, premio dorato alla mano, citò la stessa Atwood in un verso estremamente femminista.
Quell’anno, tutte le donne alla cerimonia indossarono abiti neri a sostegno della causa Time’s Up e ogni discorso serviva a spezzare il silenzio che da sempre grava sul destino delle donne maltrattate e a infondere loro coraggio.
Elisabeth Moss gives a shoutout to the #HandmaidsTale author, upon accepting: "Margaret Atwood this is for you" #GoldenGlobes pic.twitter.com/i4jX5vrdvw
— Hollywood Reporter (@THR) January 8, 2018
Potremo concludere che tutto questo era solo la parte superficiale e glitterata di un cambiamento che le donne attendevano da millenni. E come nelle migliori delle storie, ad attivare quel cambiamento non erano state le istituzioni o gli uomini. Erano state proprio le donne perché avevano finalmente capito che se vuoi che una cosa sia fatta, allora devi farla tu stessa.