Ozark è un crime drama seriale americano con sottili venature black comedy, ideato da Bill Dubuque e Mark Williams, tra le più interessanti produzioni Netflix (2017-2022). Nel corso delle sue appena concluse 4 stagioni, ha ottenuto uno strepitoso successo di pubblico e critica – 5 candidature ai Golden Globes, 6 candidature e 2 vittorie agli Emmy Awards, più un altro paio di premi e una marea di altre nomination (Satellite Awards, Critics Choice Award, Writers Guild Awards, ecc.).
Ozark piace perché è recitata benissimo, perché ha una trama di continua tensione, perché è scritta benissimo, piena di colpi di scena, con personaggi che evolvono di continuo. È un noir spietato e amaramente ironico su come le scelte personali possono trasformare un uomo in un criminale. Sorprese, scie di cadaveri, corruzione, pochissimi buoni sentimenti e storie che si spingono ben oltre i comuni limiti della moralità.
Ma dentro Ozark ci sono un sacco di altre cose interessanti:
Le grandi produzioni americane non si spingono facilmente al di là di un certo limite quando si parla di famiglie. E non mi riferisco solo ai sorrisi patinati delle sitcom: anche nelle grandi serie crime come Breaking Bad, le famiglie conservano quasi sempre una bussola morale più stabile. Anche quando ci si spinge al limite e lo si supera, i personaggi vivono un imponente tormento interiore e gli adulti fanno qualsiasi cosa per tenere i figli fuori da logiche o attività criminale, estromettendoli a qualunque costo. In Ozark questo limite morale di tenere i nostri figli fuori dalla corruzione è scavalcato senza troppi fronzoli. Nelle ultime stagioni Charlotte e Jonah prendono parte ampiamente e coscientemente agli affari loschi di famiglia e tutta quella salvaguardia che normalmente si attribuisce ai figli viene completamente spazzata via da due personaggi giovani, svegli, consapevoli, a volte più spietati degli adulti.
Tutte le figure femminili in Ozark – Wendy, Ruth, Darlene, Helene, Rachel, ecc. – hanno un ruolo di primissimo piano nella malefica evoluzione delle cose. Non è un caso che nelle prime scene di Ozark, Marty venga a conoscenza del tradimento di sua moglie, rimanendone segnato. E sarà proprio questo trauma a segnare il loro rapporto fino alla fine dello show. In un certo senso la propensione al tradimento è una delle caratteristiche principali del complesso personaggio di Wendy che, assieme ad altre figure femminili – su tutte Ruth – compirà una pazzesca metamorfosi interiore nel corso delle stagioni.
Il cast di Ozark è di tutto rispetto con un grande Jason Bateman (Marty) protagonista assieme a Laura Linney (Wendy), altra attrice che vanta collaborazioni importanti sul grande schermo. Ma secondo me a brillare su tutti è Julia Garner. Classe 1994 e carisma da vendere, l’attrice statunitense si è fatta strada sul piccolo schermo prima in The Americans e poi in questa serie Netflix con cui nel 2019 ha vinto un Emmy, il più prestigioso riconoscimento per le produzioni televisive.
Poi Garner è stata protagonista nella miniserie drammatica di Shonda Rhimes Inventing Anna del 2022 e adesso aspettiamo di vederla nei panni di Madonna, l’attrice infatti interpreterà l’icona del pop in un biopic diretto da Madonna stessa.
Siamo da sempre consumatori di cultura americana: gli Stati Uniti sono entrati nella nostra vita tramite una narrazione di sé fatta a regola d’arte in stile Capitan America, priva di sbavature o incertezze. Tutta questa perfezione soprattutto ora vacilla e lascia intravedere quello che c’è sotto la superficie. In Ozark è rappresentata quell’essenza americana in cui non trovano spazio gli eroi e i luoghi ed il tempo si nutrono delle incoerenze dell’intera società a stelle e strisce.