La prima volta che ho sentito parlare di Ayahuasca è stato in un documentario della serie Chelsea does, lo trovate su Netflix. Chelsea Handler documenta in video il suo primo approccio alla Ayahuasca: accompagnata da una coppia di amici, vola in Sud America per incontrare uno sciamano ed assumere questa potente ed antica droga.
Il suo atteggiamento è scettico, lo sarei stata anche io. Sciamano e assistente avviano tutta una preparazione fatta di istruzioni e avvisi precauzionali, poi quando i tre dicono di sentirsi pronti, si attende la sera e in un capanno, seduti su un tappetino accanto ad un secchio per il vomito, assumono la droga da una coppa che lo sciamano porge loro.
Si attende che la droga faccia effetto. Come va a finire scopritelo da soli.
L’Ayahuasca è finita in un documentario mainstream, mi dico, ero forse l’unica al mondo a non sapere cosa fosse? Il mio sospetto si è fatto più intenso qualche giorno fa, quando ho letto che a Cervia è stato sequestrato un pacco di Ayahuasca da 4,5 kg proveniente dal Perù (alla vendita avrebbe fruttato circa 130mila euro).
La chiamano la “droga degli sciamani”. In lingua quechua il termine Ayahuasca significa letteralmente “liana degli spiriti” ed è il nome di una pianta maestra (detto volgarmente è una pianta che ha qualcosa da insegnare) ma è anche il nome del decotto tradizionale che se ne ricava. Il decotto, composto da pianta maestra ed almeno un’altra pianta che ha lo scopo di aiutare la prima ad esprimere il suo insegnamento, produce potenti effetti allucinogeni e purganti.
La preparazione e l’assunzione dell’Ayahuasca sono tradizionalmente legate allo sciamanismo amazzonico, un fenomeno che interessa tutta la regione: Perù, Ecuador, Brasile, Bolivia, Venezuela e Colombia.
Quindi abbiamo la liana della Banisteriopsis caapi (la vera e propria Ayahuasca) che da sola produce solo nausea e vertigini, abbinata alle foglie della Psychotria viridis e della Diplopterys cabrerana che contengono dimetiltriptamina (DMT), una sostanza allucinogena che il corpo già produce di notte, durante la fase REM del sonno.
La somministrazione di DMT in eccesso altera i recettori serotoninergici sparsi nel corpo, proprio come fanno gli altri psichedelici come l’LSD o la mescalina. Ma alcune ricerche hanno dimostrato che, diversamente dagli altri allucinogeni, il cervello ha una specie di “sistema di sicurezza” che lo protegge da eccessi di DMT (per approfondire). In effetti non ci sono casi di danni fisici provocati dalla sostanza (l’uso continuativo sembra possa provocare psicosi).
Secondo la tradizione, l’Ayahuasca va assunta durante una cerimonia notturna alla presenza di uno sciamano (Ayahuasquero) che dovrebbe avere una sorta di connessione spirituale con la pianta. Ci si siede in cerchio su appositi materassini (dei veri e propri giacigli), lo sciamano purifica il posto ed i partecipanti, ognuno si avvicina per bere il decotto delle meraviglie. Poi si spengono le luci. Dopo circa mezz’ora i partecipanti dovrebbero cominciare a sentire i primi effetti, che normalmente si protraggono per le successive 3-6 ore.
La cerimonia prosegue con i canti dello sciamano, detti ikaros, che sono delle invocazioni agli spiriti affinché intercedano nel processo di guarigione. Qui c’è un punto davvero interessante: pare che grazie alla cerimonia, si possa fare un percorso di “guarigione” (fisica o emotiva), o comunque una presa di coscienza che – sembra – abbia il potere di cambiare le persone o il corso delle loro vite.
I motivi che spingono le persone a provare l’Ayahuasca – oltre alla curiosità – sono dei più disparati: c’è chi cerca un risveglio spirituale, chi vuole guarire da una dipendenza o da una malattia, chi vuole curare l’ansia o altri tipi di disturbi psicologici, chi vuole ampliare la propria coscienza. E sembra che in molti ne siano soddisfatti.
Facendovi un giro su Google, trovate molte testimonianze di persone che hanno assunto l’Ayahuasca, la maggior parte partecipando al rito. Quasi tutti riportano esperienze intense di allucinazioni, sofferenza, vomito e dolori. Quasi tutti, però, sostengono che sia un’esperienza che segna in senso positivo. Tirate le vostre conclusioni dopo averne letto qualcuna.
Nell’ultimo decennio, l’Ayahuasca è entrata nei salotti buoni del mondo occidentale e pare che molte celebrità ne facciano uso, Sting, Lindsay Lohan, Jim Carrey, Tori Amos e Courtney Love.
A partire dagli anni novanta, la medicina ha cominciato ad interessarsi alla sostanza per via delle sue presunte potenzialità terapeutiche. Ma la diffusione è sicuramente dovuta ai suoi effetti psicoattivi. Il decotto, in particolare, una volta ingerito, consente alla DMT di rimanere in circolo per 2-3 ore, potenziando ed intensificando l’esperienza “mistica”, rispetto ad altri tipi di assunzione.
In Italia la DMT è inserita nell’elenco delle sostanze stupefacenti, ma ci sono diverse sentenze della Cassazione che sostengono che l’Ayahuasca non può essere considerata una droga perché è derivata in maniera naturale da piante presenti in natura e non prodotta da elaborazione o sintesi umana volta a potenziarne gli effetti.
Intanto pare che l’Amazzonia si stia riempiendo di turisti proprio per via dell’Ayahuasca. Questo flusso ha portato alla nascita di veri e propri resort che garantiscono un pacchetto completo per l’esperienza mistica e destano le preoccupazioni degli indigeni che non vedono di buon occhio la trasformazione di una pratica antica, così fortemente radicata nelle culture locali, in un business che finisce per impoverirne la sacralità.
Ora, mi sembra che il culto tradizionale dell’Ayahuasca sia affascinante ed esotico. Temo però che gli possa toccare lo stesso destino di un sacco di altre cose legate alla tradizione come la frugalità dell’alimentazione, le processioni dei santi o l’olio paesano che, appena finiscono nelle mani dei contemporanei abitanti del pianeta, vengono completamente sputtanate e deprivate del loro senso originario solo per alimentare la nostra vanagloria e finire su Instagram, nel migliore dei casi.