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Startup [Intervista] Spreaker, la social web radio, si racconta.
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Abbiamo intervistato Laura Gramuglia, responsabile editoriale e della comunicazione di Spreaker piattaforma innovativa che permette di combinare l’esperienza d’uso della radio con l’interazione tipica di un social network, cresciuta dentro HFarm. Ecco cosa ci ha raccontato.

Ciao Laura, innanzitutto raccontaci qualcosa di voi e del team di Spreaker.

L’idea di Spreaker è nata da un gruppo di imprenditori bolognesi che ha creduto in un servizio web aperto a tutti, ricreando l’atmosfera delle radio libere di qualche decade addietro.

Lo staff di Spreaker è formato da appassionati di nuove tecnologie, social media e di innovazione: Francesco Baschieri, attuale ceo nonchè socio fondatore, Daniele Cremonini, altro imprenditore proveniente da una precedente esperienza di start up, Marco Pracucci e Rocco Zanni i due programmatori, Tonia Maffeo community manager e poi ci sono io, Laura Gramuglia, responsabile editoriale e della comunicazione.

Cos’è Spreaker?

Spreaker ad oggi è una piattaforma innovativa che permette di combinare l’esperienza d’uso della radio con l’interazione tipica di un social network: qualunque utente dopo aver effettuato la registrazione al sito www.spreaker.com può creare un programma radiofonico completo di parlato, mixando i brani musicali direttamente online attraverso una vera deejay console che riproduce in rete un fedele esempio delle console dei professionisti.
Pochi semplici passi per creare programmi radiofonici ed assemblarli in palinsesti personalizzati che possono essere ascoltati sulla piattaforma di Spreaker, sui principali social network oppure essere inseriti direttamente sulle proprie pagine personali o sui blog.
Spreaker si regge o meglio, si reggerà sugli introiti pubblicitari. Accanto a questi, poi, abbiamo introdotto i servizi premium e platinum, interessanti proprio per quelle realtà che devono creare contenuti semi-professionali sulla piattaforma.

Siamo anche interessati a proporre la nostra piattaforma per attività di promozione più legate a un mondo corporate e in questo senso abbiamo stretto una partnership esclusiva sul mercato italiano con Tailoradio, leader nella creazione di brand radio e radio in-store.

In quale scenario competitivo si colloca Spreaker? Vi ispirate ad esperienze simili?

Ci piace guardare e soprattutto puntare in alto. In Europa diversi ragazzi in gamba sono riusciti a creare ottime realtà orientate però al mercato dei club, altre sono riuscite a conquistare l’utenza che una volta raccoglieva esclusivamente MySpace. Si rivolgono comunque a una fetta di mercato molto differente dalla nostra.
Se vogliamo guardare oltreoceano è interessante l’esperienza di Pandora e del suo founder Tim Westergren. Sono occorsi diversi anni e tentativi prima di riuscire a toccare i numeri attuali ed è in buona compagnia.
Reid Hoffman ha fondato Linkedin a 35 anni (oggi ne ha 44), Mark Pincus a 41 anni ha fondato Zynga, il portale da cui nascono i giochi come FarmVille e Arianna Huffington a 54 anni ha dato vita al blog Huffington Post. Certo, per la nostra salute psico-fisica ci auguriamo davvero di raggiungere anche soltanto in parte gli obiettivi raggiunti dai soggetti sopracitati quanto prima.

Qual è l’attuale stadio di sviluppo della vostra Start-Up?

Ad oggi gli utenti registrati sono più di 100mila. Nel complesso, siamo a circa trecentomila ascoltatori mensili. Quasi l’ottanta per cento della base utenti, per ora, è italiana. C’è una buona risposta nei paesi latini: la Spagna, l’area latino-americana, il Brasile.
Naturalmente, adesso ci aspettiamo che i numeri crescano, in particolare quelli relativi agli ascoltatori. Le nostre ambizioni sono internazionali. Soprattutto americane. Da subito abbiamo guardato agli Stati Uniti come mercato, ancor più che come territorio dove andare a caccia di capitale economico. Gli Stati Uniti sono il mercato in cui Internet e la radio tirano di più.
Francesco Baschieri, sta lavorando attivamente nella sede di San Francisco da circa un mese. Dopo il lancio ufficiale della piattaforma oltreoceano, forti della rete di contatti allacciati la scorsa estate, lʼasticella si sposterà ancora più in alto di qualche tacca. Si tratterà infatti di andare a caccia di capitale economico anche perché il mercato delle radio online è più che florido oltreoceano e le migliaia di utenti che ogni dì giungono sulla piattaforma per produrre e ascoltare show comincia a essere un numero affatto trascurabile.
Lʼobiettivo è quello di sfruttare al massimo lʼopportunità di mercato che si verrà a creare con il crollo delle barriere tecnologiche come la trasmissione fm sulle autoradio per inserire rapidamente contenuti user generated, made in Spreaker ovviamente.

Raccontaci come vanno le cose oltreoceano!
Bè, ciò che siamo abituati a vedere da qui è soltanto una piccola parte di quello che ogni giorno accade in una città come San Francisco.

Nel nostro Paese i capelli bianchi nei corridoi, dietro le scrivanie sono all’ordine del giorno; dove vive adesso Francesco non ci sono capelli bianchi e non ci sono quasi scrivanie.

Si può fare business bevendo un caffè da Starbucks per poi recarsi di corsa a uno delle decine di eventi che ogni dì si organizzano per fare il punto e incontrare guru dell’informatica, esperti di social marketing, businessman poco più che trentenni. Puoi arrivare a sera e accorgerti di non ricordarti nemmeno cosa sia la pausa pranzo, puoi scoprirti ancora in ufficio alle ore più impensate oppure decidere di seguire il tuo sport preferito.
Francesco, la scorsa settimana, ha deciso di prendersi una pausa alla partita di baseball dei Giants per poi scoprire che uno come Mitch Kapor, co-founder del colosso del software Lotus e Mozilla, aveva avuto la sua stessa idea e anche il suo stesso settore.
San Francisco è così, puoi restare in fila per ore davanti a una porta sperando che la persona che hai deciso di incontrare si ricorderà di te alla fine, nonostante le centinaia di volti che gli scorrono davanti ogni giorno e poi avere la certezza che sarà il tuo sorriso o il commento sulla partita vista insieme quello che gli resterà più impresso.

Cosa ne pensate del mercato italiano delle Start-Up? Che ve ne pare dello scenario? Quali problemi ci sono e, se ci sono, quali possono essere, secondo voi, le soluzioni?

Giovani fino a 40 anni. È questa l’età fino alla quale Confindustria considera un imprenditore giovane, forse perchè di ragazzi under 30 che raggiungono il successo ce ne sono pochi, almeno in Italia.
In realtà per scoprire quale sia l’età migliore per arrivare all’apice della carriera come imprenditori è sufficiente uscire dal nostro Paese e accorgersi che è tra i 25 e i 27 anni che la creatività è al massimo livello e si è pronti per avviare nuove startup, soprattutto in alcuni settori come il web. In realtà in altri Paesi come gli Stati Uniti l’età si abbassa ulteriormente e l’esperienza vera in startup si gioca tutta entro i 25 anni.
In Italia i giovani avviati al successo hanno ereditato quasi sempre le imprese dai genitori. Cosa che chiaramente non è ancora possibile nel web e questo porta ad essere più cauti negli investimenti. Fino all’ultimo non c’è nulla di certo e al più temerario dei business angel puoi presentare modelli, numeri, idee, ma stiamo parlando di scenari davvero astratti, non certo di materie prima che sai per certo porteranno determinati introiti se si sceglierà di perseguire quella strada già percorsa da altri prima di te. Certo un po’ più di conoscenza o magari incoscienza, chissà, non guasterebbe.

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