È la mezzanotte del 20 settembre 2016. Siamo alla fase finale, al punto più alto della campagna elettorale presidenziale americana. Dall’account twitter di WikiLeaks parte un messaggio privato a Donald Trump Jr. Proprio a lui, il primo figlio della prossima generazione di rookie Repubblicani e “supporter” (ci mancherebbe) della campagna del padre.
Sul suo smartphone una notifica lo informa di altri messaggi: “Dietro c’è un comitato pro-guerra in Iraq. Abbiamo indovinato la password, è putintrump. Guarda la pagina About per vedere di chi si tratta. Che ci dici?”
12 ore dopo, al mattino, Trump jr. risponde: “Non so di che si tratta, ma chiederò in giro. Grazie.”
Tutti questi messaggi, scoperti dal The Atlantic fanno parte di una lunga conversazione, quasi a interlocutore unico, tra l’associazione di Assange e Trump jr che è continuata, a quanto si sa, fino a luglio 2017. Non la conosciamo tutta. Ma da quello che si vede c’è da una parte Wikileaks, il baluardo della trasparenza che l’intelligence americana crede sia stata scelta dal governo russo per disseminare informazioni ottenute da hacking, che chiede a Trump jr una cooperazione, insistente. Una serie di richieste toste, come quella di “dacci la dichiarazione di tuo padre perché rafforzerebbe la sua immagine”, oppure “premete affinché Julian Assange sia ambasciatore degli Stati Uniti in Australia”.
Dacci la dichiarazione delle tasse di tuo padre.
Naturalmente anche questa conversazione doveva rimanere segreta. Sì, c’è stato leak direttamente dal Congresso USA, che è nel pieno dell’investigazione della presunta macchinazione filo-russa per l’elezione di Trump e la contemporanea pressione su Hillary Clinton. Uno dei casi più discussi risale a giugno 2016: Trump jr è ad un meeting con Natalia Veselnitskaya, un avvocato russo con conoscenze decisamente potenti in patria. Si trova in quella stanza perché tale Rob Goldstone, un produttore musicale inglese, gli ha inviato una mail, un mese prima, dicendo di avere informazioni dannose sulla Clinton che potrebbero servirgli. Trump gli conferma l’incontro con un “Se è quello che dici, mi piacerebbe molto.”.
Trump jr ha ignorato bellamente la gran parte dei messaggi ricevuti e talvolta non appena ricevute email da Wikileaks, le ha immediatamente girate al capo dello staff elettorale, Brad Pascale. E sempre le email erano già state usate da Wikileaks come fulcro della campagna presidenziale. Nel luglio 2016, proprio nel giorno inaugurale della Convention nazionale dei Democratici, migliaia di email rubate dai server di quest’ultimi furono rese pubbliche. E subito dopo l’uscita del video in cui Trumpone faceva un certo sforzo pedagogico per insegnarci che con i miliardi “le donne si lasciano fare qualsiasi cosa”, Assange e compari facevano venire fuori le email personali del manager della campagna della Clinton. In una famosa email, la Clinton stessa scrive “Non possiamo semplicemente farlo fuori con un drone?”
Non possiamo semplicemente farlo fuori con un drone?
Un’ora e mezza dopo, Trump Jr legge la notizie e risponde privatamente a Wikileaks: “È incredibile le cose che riesce a tirare fuori la Clinton certe volte”.
Hillary Clinton on Assange "Can't we just drone this guy" — report https://t.co/S7tPrl2QCZ pic.twitter.com/qy2EQBa48y
— WikiLeaks (@wikileaks) October 3, 2016
Siamo al 16 dicembre 2016, Trump ha vinto a sorpresa. Dall’account WikiLeaks si fa presto a raccomandare “a papà” Julian Assange come ambasciatore in Australia. L’ultima conversazione, dopo un lungo silenzio, a luglio 2017: si viene a sapere del meeting con l’avvocato russo. Da Wikileaks cercano di convincere il rampollo a fornirgli le email, avrebbe rafforzato l’immagine del Presidente platinato, assicurano. Ma Trump jr, in questo clima dove la confidenzialità si è andata a fare benedire, le pubblica su twitter.