Menu
DIGITALLY
Design La storia della copertina di Unknown Pleasures dei Joy Division
F

Fate vedere questa immagine a qualcuno e vi dirà di riflesso “Joy Division”. Una serie di linee bianche in campo nero disegnate da qualcuno, forse da qualcosa: tese, increspate, racchiuse a loro volta in un quadrato, con uno spazio negativo intorno. Nient’altro: né il nome del disco e nemmeno quello della band. Non male per un album di debutto.

Per anni questa copertina del 1979 è rimasta relativamente misteriosa, pur diventando un’icona. Forse il diagramma di spettro di una stella, forse altro: l’origine è rimasta abbastanza nell’ombra per anni.

I Joy Division, come molte band con il loro primo album, sapevano esattamente cosa mettere sulla cover, e consegnarono al designer Peter Saville una cartellina con materiale vario dal quale prendere spunto. In una pagina della Cambridge Encyclopaedia of Astronomy edizione 1977 campeggiava questo simbolo, uno spettro di frequenze di una Pulsar, una stella di neutroni. Il primo mai captato e disegnato.

In questa intervista, Saville (cofondatore della leggendaria Factory Records) racconta brevemente la storia dietro dietro la copertina.

Un gruppo di ricerca alla Cambridge University, che si occupava di scandagliare lo spazio alla ricerca di segnali grazie ad un array di telescopi, captò un segnale mai ricevuto prima. Una frequenza accurata, inviata ogni 1,337 secondi, con un determinato ritmo non ancora osservato sino a quel momento. Analizzando e stampando ciascuna frequenza si otteneva un grafico, una linea che disegna una misurazione. Centinaia e migliaia di segnali uno dietro l’altro che vengono misurati da uno strumento e inciso su carta. Difatti, quello che vediamo è proprio questo: un ritaglio dato dal continuo oscillare dello strumento di misurazione. Mettendo uno sull’altro questi ritagli vediamo una comparativa delle varie frequenze, una per ciascuna linea, che forma appunto questo diagramma.

 

 

Potente, enigmatico, oscuro come alcune linee di basso della band inglese. Quello che ne viene fuori è qualcosa che combina oscurità e desiderio: ci parla della storia dietro l’universo e diventa un’icona, simulacro di un labirinto nel quale siamo irrimediabilmente persi.

La storia, o meglio la parabola di una icona è pressoché identica a quella di tutte le altre. La copertina di Unknown Pleasures viene stampata ovunque, su qualsiasi materiale e per qualsiasi scopo: bustine di zucchero, tatuaggi, cover per smartphone. Una infinita reinterpretazione. La vediamo girare sulle magliette Pull&Bear portate dai ragazzini, speriamo non ignari, e stampata anche in colori differenti su zaini e spille.

 

Quella che rappresentava è lo spirito oramai perso di una generazione che abbandonava gli anni 70 tentando di trascinarli più a lungo possibile con il post-punk. Sarebbe poi affogato negli anni 80, riuscendo a risalire dal mare di miele soltanto negli anni 90, scrollandoselo di dosso con un lama a seghetto, mostrando le cicatrici nel grunge degli Alice in chains, Nirvana, Soundgarden e via dicendo.

Quello che c'è da sapere.
Direttamente nella tua inbox.
Niente spam, promesso.
Ho letto e accetto la privacy policy
Com’è andata l’industria discografica nel 2023
Dark Side of the Moon e il redesign per il 50esimo anniversario
Tutta la discografia di Bob Dylan in ordine cronologico in una playlist di 76 ore e 1093 tracce